venerdì 25 gennaio 2013

I Comitati di Difesa della Cnt a Barcellona (1933-1938)


Letture di classe
Agustín Guillamón
I Comitati di Difesa della Cnt a Barcellona (1933-1938)
Dai Quadri di difesa ai Comitati rivoluzionari di quartiere
le Pattuglie di Controllo e le Milizie Popolari,
IntroduzioneDino ErbaSpagna 36. 
Una rivoluzione impossibile? O l’impossibilità della rivoluzione?
AppendiceGilles DauvéQuando muoiono le insurrezioni.
All’Insegna del Gatto Rosso, Milano, 2013. Pp. 226.
Contributo € 15 (comprese le spese di spedizione).
Richiedere a: dinoerba@libero.it/


La sinistra comunista radicale ha giudicato che la rivoluzione spagnola del 1936 fosse impossibile. I toni possono essere diversi, ma la sostanza è la medesima. Nel complesso, tutte le tendenze che si richiamano alla sinistra comunista hanno sentenziato che la rivoluzione spagnola fosse fuori dal tempo massimo concesso dall’ondata rivoluzionaria sorta con l’Ottobre russo del 1917. Di cui, nel 1936, i processi di Mosca sancivano la fine, anche sotto il profilo formale.
Questa valutazione nasce – oltre che dal senno di poi, di cui son piene le fosse – da una concezione politicante della storia, che prescinde dalla reale dinamica dei conflitti sociali, riducendo il tutto a giochi dicamarille. D’altro canto, l’accanimento che si scatenò contro i proletari e contro la rivoluzione spagnola dovrebbe far capire che qualche cosa bolliva in pentola, e quello che bolliva non piaceva certo alla borghesia, di destra e di sinistra.
Nei fatti, i proletari spagnoli affrontarono uno scontro di classe che, solo per evidenti fattori contingenti, presentava aspetti diversi da quelli che, storicamente, i proletari avevano già affrontato. E se furono sconfitti, non fu solo per colpa dello stalinismo e del «non» intervento delle Grandi Democrazie. La rivoluzione fallì per cause intrinseche, che non sono neppure da vedere in un eccesso di quell’«anarchica spontaneità», che da alcuni fu condannata e da altri fu osannata. Di fronte a questo capzioso dilemma – e alla luce dei fatti di Spagna –, c’è invece da domandarsi dove finisce la spontaneità e dove inizia l’organizzazione; e poi, dobbiamo anche chiederci: dove finisce l’organizzazione e inizia la burocrazia?
La rivoluzione non è certo una questione di organizzazione. Anche se richiede organizzazione. E gli anarchici spagnoli entrarono nel merito della questione, facendo mille errori ma tracciando un solco netto sulla via dell’organizzazione di classe, da cui una seria ricostruzione storica non può prescindere. Sono questi gli aspetti che il libro di Agustín Guillamón mette in luce, esaminando l’attività dei Comitati di Difesa della Cnt dal luglio 1936 al maggio 1937.
La sconfitta che il popolo di Barcellona inflisse all’esercito fascista il 19 luglio 1936 è uno dei miti più radicati della storia della Rivoluzione sociale spagnola. In realtà, la «spontaneità» della risposta operaia e popolare al golpe militare fu catalizzata e coordinata dai Comitati di Difesa della Cnt, che già da due anni li stava organizzando. I Comitati di Difesa furono i nuclei dell’esercito di miliziani che sostenne il Fronte d’Aragona; essi costituirono inoltre la base dei numerosi comitati rivoluzionari di quartiere, che avrebbero provveduto alla vita quotidiana di Barcellona (cibo, casa, sanità, istruzione…), fino alla restaurazione del potere borghese della Generalitad, imposto grazie alla connivenza dei comitati superiori della Cnt e della Fai. Neppure l’insurrezione «spontanea» del maggio 1937 per fermare la controrivoluzione, fomentata dallo stalinismo, può avere una spiegazione senza la presenza dei Comitati di Difesa nei quartieri di Barcellona.
Il libro di Guillamón analizza ed evidenzia l’esistenza di differenti modi di intendere (e di vivere) la Cnt e l’essenza stessa della Rivoluzione libertaria in seno al movimento anarcosindacalista di quell’epoca. Queste differenze, già presenti nel periodo repubblicano, durante la Guerra Civile produssero numerosi scontri fra i coerenti difensori della rivoluzione nell’ambito dei comitati di base e coloro che, invece, concepivano la Cnt-Fai come un partito in più nel campo dell’antifascismo, ripetendo la solita litania che «il momento era grave ed eccezionale». Una giustificazione che, recitata come un mantra, è divenuta un articolo di fede, facendo dimenticare che MAI l’antifascismo ha vinto il fascismo. Anzi, è SEMPRE avvenuto il contrario.
Pur nei drammatici frangenti della guerra e dei contrasti politici che l’inasprirono, Guillamón riesce a mostrare la forma e la sostanza che la società libertaria avrebbe potuto assumere in una Barcellona proletaria, solida e organizzata attraverso i comitati di quartiere, protetti dai Comitati di Difesa.

dino erba

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