mercoledì 30 maggio 2012

crisi e terremoti


Crisi e terremoti

Le scosse di terremoto che hanno investito l’Emilia stanno ovviamente canalizzando l’attenzione in questi giorni. I fattori più significativi che emergono sono almeno tre:

Il terremoto come elemento di classe, segnalato praticamente da tutti: dai giornali ufficiali alla pubblicistica di estrema sinistra. Sono gli operai in particolar modo a morire, schiacciati dentro gli stessi magazzini, stabilimenti, costretti ad andarvi per la paura di perdere il lavoro. La preghiera di alcuni operai di religione mussulmana, davanti allo stabilimento è molto più evocativa di centinaia di ricerche circa la composizione di classe dentro le piccole-medie imprese della pianura padana.
Dove si lavora in magazzini e stabilimenti spesso fatiscenti o non anti-sismici, e praticamente a ciclo continuo. Non ci soffermiamo molto su questo elemento perché pur importantissimo è quello più evidente e immediato, viviamo in una società di classe e anche le tragedie, la morte riproduce questa divisione. Il terremoto la rende ancora più lampante.

Vi è un secondo elemento legato al terremoto, la sua dimensione catastrofica, la sua difficile previsione, che lo fa rispecchiare nello stesso capitalismo. Dopo il deismo si chiede allo scientismo, al tecnicismo di risolvere i problemi, è un rincorrere esperti, tecnici, ma si ha la nettissima sensazione di essere schiacciati da un meccanismo più grande di noi. Le scosse telluriche rompono le certezze, infrangono le vite, come le onde della crisi del sistema di produzione capitalista. Tutta l’energia dei super-uomini, degli unti del signore, delle avanguardie coscienti, appare come spuma di fronte alle onde di questo tzunami terrestre.
Il terremoto è inevitabilmente la rivincita della terra contro il cemento, cosi come la crisi è la rivincita della contraddizione di fronte alle certezze del capitalismo. Questi due elementi sono interconnessi tra loro, provocati dalla stessa divisione di classe, amplificati dentro il capitalismo.

Vi è infine un terzo elemento, il terremoto, la crisi rompendo le certezze, hanno la possibilità di svelare nuovi rapporti sociali che si innestano dentro la vecchia società colpita. Il terremoto, dimostra la fragilità e l’abominio costruttivista e accumulativo del capitale, questa folle corsa dell’umanità che rincorre il mostro-capitale, che distrugge la natura e l’uomo stesso con i suoi ritmi, il suo processo di controllo del tempo di vita. Cosi come la stessa crisi capitalista in atto.
Immaginiamo che dentro a questo meccanismo ci saranno piccole minoranze che riusciranno a “guadagnarci”, a “speculare” ancora maggiormente, tuttavia occorre indirizzare il nostro sguardo alle possibilità che liberano simili eventi, alle connessioni che possono creare e manifestare. Come la crisi con il suo processo di de-integrazione, permette di liberare energie sovversive, di fare emergere nuovi rapporti sociali dentro il disfacimento della vecchia società incapace ormai in linea di tendenza di andare avanti, cosi il terremoto e le cosiddette “tragedie naturali” impongono all’umanità di riconquistare propri spazi, può apparire ridicolo e senza senso, ma già l’imporre l’apertura di un parco pubblico notturno (una bestemmia per l’Emilia Romagna) è un effetto della tragedia, il riscoprire una diversa comunità un diverso spazio e tempo di vita, è un altro effetto di questa dinamica. I veri processi di cambiamento non sono mai per volontà affermativa, ma nascono dall’impossibilità di fare altrettanto se si considera una dinamica sociale e umana vista non dal buco della serratura.
L’emergere di nuovi rapporti sociali scaturisce dall’affermazione positiva di una dinamica che si sviluppa dentro lo sgretolarsi di vecchi rapporti sociali, è un processo oggettivo di sottrazione al nemico, dove sparisce l’essere “anti”, e l’essere “per” è vissuto direttamente.
Dove l’azione umana non sparisce, anzi trova la sua vera dimensione dentro un processo sociale più complessivo.
I processi non si muovono per onde placide, ma in terrificanti muri d’acqua che infrangono e distruggono. Cosi come vediamo la crisi, la teoria della crisi, come teoria delle catastrofi, cosi vediamo le “catastrofi naturali” come elementi propri della crosta terrestre.

Alcuni compagni della redazione di Connessioni
maggio 2012

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