giovedì 15 dicembre 2011

BCE e inflazione


Pubblichiamo questo intervento  di Guglielmo Carchedi del 14 dicembre 2011, apparso nella lista di discussione marxiana.

L’ alternativa caldeggiata da quella sezione della borghesia tedesca che è disposta a indebolire l’euro pur di mantenerlo è che i paesi deboli siano slavati dalla bancarotta. Ci sono due strategie, due tipi di interventi, a disposizione della BCE. La prima è ciò che la BCE sta già facendo, cioè essa compra i titoli di stato in possesso degli investitori (principalmente le banche). La seconda è attualmente solo una proposta, e cioè la BCE o compra direttamente le obbligazioni dei governi della eurozona o essa stessa emette obbligazioni (gli Eurobond). Il punto è se vi siano dei limiti economici a entrambi i tipi di intervento. A sua volta, questa questione è importante per la stabilità dell’euro. Infatti, se se la BCE può intervenire senza limiti economici, l’euro è salvo. Ma se ci sono limiti economici, gli speculatori potrebbero vincere la loro scommessa. Il limite dell’azione della BCE è l’inflazione. Quindi, è importante stabilire se questo pericolo sia reale.




Consideriamo per primo l’intervento della BCE sul mercato secondario. Supponiamo che il Tesoro italiano abbia emesso titoli di stato per 100 miliardi di Euro e che questi titoli corrano il rischio di default. The BCE li compra dalle banche e paga loro 100 miliardi. In questo modo essa inietta denaro nel sistema bancario. La BCE non inietta necessariamente moneta cartacea. Essa può fare credito, e in effetti è questo che fa, attraverso la creazione di una voce di credito nella sua contabilità elettronica, attraverso la cosiddetta moneta elettronica.
Le banche hanno ora 100 miliardi extra. In teoria, ciò è inflazionario a causa della creazione di moneta dal nulla senza una equivalente creazione di valore. Tuttavia, in pratica, nella attuale condizione di crisi economica, le banche (a) o non accreditano quella monta nella sfera reale ma la accantonano come riserve (b) o la investono nella sfera fittizia. In questo caso, l’inflazione sorge nella sfera fittizia ma non in quella reale.
Le cose sarebbero differenti se la BCE diventasse il prestatore di ultima istanza, se potesse intervenire sul mercato primario. Bisogna distinguere tra l’acquisto di obbligazioni dei governi della eurozona da parte della BCE e l’emissione da parte della BCE di obbligazioni (gli eurobond).
Nel primo caso, il governo Italiano emetterebbe titoli di stato e la BCE li comprerebbe attraverso la creazione di un credito elettronico. I 100 miliardi che il governo Italiano riceve dalla BCE sono spesi dal governo come più crede opportuno, per esempio per pagare gli impiegati statali. Quel denaro è ritirato solo quando il governo Italiano ritira quei titoli pagando il loro pieno prezzo.
Nel secondo caso (Eurobonds), se il governo Italiano avesse bisogno di 100 miliardi, la BCE stessa emetterebbe titoli per quella cifra, li venderebbe agli investitori (grandi fondi di investimento e banche) e poi darebbe il denaro che riceve dagli investitori al governo italiano. In questo caso, la quantità di moneta non è aumentata ma è solo trasferita dagli investitori al governo attraverso l’intermediazione della BCE. Perché l’intermediazione? Perché gli investitori potrebbero non comprare i titoli Italiani a causa del loro rischio di default.
Gli Eurobonds aiuterebbero I paesi più deboli a spesa di quelli più forti come la Germania perché gli Eurobonds emessi dalla BCE sarebbero garantiti da tutti I paesi membri della eurozona. Questo è il motivo dell’avversione della Germania gli Eurobonds. Forse in un tentativo di addolcire la amara pillola per la Germania, è stata fatta la proposta che la BCE possa emettere Eurobonds ma solo per un massimo del 60% del PIL del paese. Gli investitori privati potrebbero comprare un minimo del 40% del PIL. La questione, tuttavia, è se gli investitori privati sarebbero disposti a comprare titoli a rischio di default. In tal caso, la regola dovrebbe essere cambiata al 100% per la BCE.
In entrambi I casi di intervento sui mercati primari la BCE inietterebbe moneta (cartacea o credito) non nel sistema bancario ma nelle casse dello stato. Allora un movimento inflazionistico dipenderebbe da tutta una serie di fattori specifici come la quantità di moneta (credito) creata, l’uso fatto dallo stato (se fosse iniettata nella economia finanziaria o in quella reale), lo stato della domanda dei beni reali, ecc. Per esempio, da ora al 2013 gli stati della eurozona devono ri-finanziare circa un trilione e mezzo di euro (a fronte di un PIL dei 27 paesi della UE di circa 16 trilioni). E’ possibile che ciò possa causare inflazione o stagflazione. Per di più la BCE teme che una volta che essa sia diventata il prestatore di ultima istanza, il potenziale inflattivo aumenti grandemente. Infatti, se gli investitori privati possono rifiutarsi di compare i titoli statali, la BCE sarebbe obbligata a farlo.
Vi sono poi due altre ragioni che giustificano la resistenza a fare della BCE un prestatore in ultima istanza. La prima è che le regole della BCE sono state scritte dal capitale finanziario per il capitale finanziario e cioè per obbligare gli stati a indebitarsi con la finanza privata (banche, fondi di investimento, ecc.) al fine di garantire loro cospicui profitti. Un cambiamento di questa regola incontrerebbe le loro notevoli resistenze. La seconda è che l'opinione pubblica tedesca non vuole che la BCE investa nel mercato primario perché in tal caso sarebbe la  eurozona (in primis la Germania) a finanziare il debito pubblico e quindi le spese statali dei paesi deboli, inclusa l’Italia. E’ per questo che l’attuale leadership tedesca potrebbe accettare che la BCE diventi il prestatore in ultima istanza ma a condizione che venga istituito  un ministero delle finanze europee, ovviamente con le regole dettate dalla Germania, principalmente un limite al debito degli stati nazionali (con sanzioni contro chi non rispetto tale limite).

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